Recentemente ho letto Minimalismo Digitale, un libro di Cal Newport (Roi Edizioni), e devo dire che mi sono sentito in colpa. In colpa per tutto il tempo che spreco nel corso della giornata. Come suggerisce il titolo, il libro parla di quella parte della nostra vita che avviene in digitale e suggerisce come un uso minimalista della tecnologia possa aiutarci a stare meglio. Con noi stessi e con gli altri. 

Il tema portante è dunque l’invadenza del digitale nella nostra vita. Quanto tempo ci porta via, quanto spazio gli concediamo. Ma attenzione, non si tratta di un libro che invita a non usare la tecnologia:

Il minimalismo digitale non ha nulla contro la tecnologia, a patto che se ne faccia un uso che migliori la vita sociale anziché rovinarla 

La tecnologia ovviamente ci serve, serve a tutti noi per lavoro, per coltivare le relazioni, per apprendere ogni giorno qualcosa. L’autore che invita a unirsi alla “resistenza dell’attenzione” e porta avanti la sua filosofia del Minimalismo Digitale si spiega:

è una filosofia d’uso della tecnologia secondo cui l’utente dedica il proprio tempo online a un ridotto numero di attività accuratamente selezionate e ottimizzate per sostenere obiettivi e valori importanti, trascurando felicemente tutto il resto

minimalismo digitale

Ad esempio, quante volte guardi lo schermo del telefono e lo sblocchi? Quanti minuti trascorri su facebook? Ci hai mai riflettuto con attenzione? Se cerchi tra le impostazioni del telefono troverai questi dati. Io l’ho fatto e un pochino mi sono spaventato. 

La spinta a controllare twitter o ad aggiornare la pagina di Reddit diventa un tic nervoso che sgretola il tempo che abbiamo a disposizione in frantumi troppi piccoli per consentire la presenza necessaria per una vita consapevole 

L’autore vuole portarci quindi ad avere maggior consapevolezza dell’uso che facciamo della tecnologia. Tutto il tempo che passiamo davanti allo schermo in maniera passiva e senza un fine è tempo buttato. Tra esercizi di minimalismo, dati e studi recenti, il libro non fa altro che invitarci a capire quali app / social / tecnologie realmente ci servono e in che modo, per quale tipo di utilizzo, e a usarle per quello e basta. Stop. Se vogliamo sapere come sta nostro cugino possiamo fargli una telefonata, vero? Senza bisogno di andare a vedere il suo ultimo post su Instagram. Che poi, prima che arriviamo a vederlo davvero siamo stati distratti o interrotti da quante altre notifiche o stories o messaggini? 

Ciò di cui tutti noi abbiamo bisogno è una filosofia d’uso della tecnologia per scegliere criticamente quali strumenti digitali adottare, partendo dall’analisi dei motivi che ci spingono a farlo e dei limiti entro cui accettiamo di farlo.

Il concetto dei limiti è importante. Escluso ciò che è irrinunciabile (che però bisogna valutare attentamente) abbiamo bisogno davvero di passare 50 minuti al giorno su facebook? Non c’è qualcosa di più utile o benefico per noi stessi a cui potremmo dedicarci? Qualcosa che magari non riusciamo mai a fare proprio perché diciamo di non avere il tempo…

Se cominciate a definire alcuni limiti per le distrazioni di bassa qualità (senza sentirli come una rinuncia) e arricchite il maggior tempo libero adesso a vostra disposizione con alternative di qualità (che vi danno molta più soddisfazione), presto comincerete a chiedervi come sia stato possibile tollerare di trascorrere così tanto tempo libero guardando passivamente lo schermo

Minimalismo digitale

In una parte del libro, che ho particolarmente apprezzato, Newport si sofferma sull’importanza della solitudine. Su quanto possa esserci utile, sottolineando i tre grandi vantaggi fondamentali che può offrire: nuove idee, una comprensione di sé, la vicinanza agli altri.

La solitudine è qualcosa che accade nel cervello, non nell’ambiente intorno a noi. Di conseguenza, definiscono la solitudine come uno stato soggettivo in cui la mente è libera dai condizionamenti di altre menti

Non sprecare il tempo, ma anzi concederne un po’ alla solitudine potrebbe avere quindi effetti sorprendenti. A cui non siamo abituati. E se stiamo bene con noi stessi e con gli altri e siamo anche più produttivi, finiremo inevitabilmente per sbloccare un altro tesoro nascosto dentro di noi, la creatività. 

La creatività ci rende umani e ci offre ricche soddisfazioni che difficilmente possiamo ottenere con altre attività (oserei dire) meno manuali.

Queste sono un po’ di considerazioni personali sul libro. Mi sento di ripetere che non si tratta di un testo che invita a vivere isolati in un eremo e senza tv e internet, ma un ottimo spunto di riflessione per usare al meglio le possibilità che il digitale ci offre, senza rovesciare i valori della nostra vita. Lo leggerai? Qui trovi il link se vuoi comprarlo.

Sono curioso di sapere che ne pensi…